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sabato 12 maggio 2018

Tocca a noi! - Riflessione sul Vangelo di domenica 13 maggio 2017

L'Ascensione è una festa un po' strana, ricordiamo Gesù Risorto che sale al cielo portando la nostra umanità che ha unito a sé, torna a sedersi alla destra del Padre, festeggiamo quindi la sua partenza... Di solito ad una partenza non si è felici ma tristi. Perché allora festeggiamo? Perché è un momento solenne e importante da ricordare? Perché la storia della salvezza non è ancora conclusa! Perché con la Resurrezione Gesù ci ha donato la sua vita, l'ha messa a disposizione di ciascuno di noi ma ora manca ancora una cosa, manca la nostra accoglienza.
Con la sua predicazione Gesù ha annunciato la misericordia del Padre, ha guarito, sanato liberato, ci ha svelato il suo desiderio di salvarci. Morendo in croce e risorgendo ha distrutto la nostra morte e ci ha donato la propria vita divina ma appunto ce la dona, non ce la impone, quindi ora tocca a noi accoglierla. Gesù sale al cielo per lasciarci liberi di scegliere, liberi di decidere se vivere la vita nuova o se rimanere nella vecchia, se vivere nella libertà o restare schiavi delle nostre passioni, dei nostri istinti, del nostro peccato.
Prima però di salire al cielo lascia ai suoi discepoli un compito: essere testimoni della misericordia di Dio, del suo amore, del suo perdono. Li manda in tutto il mondo affinché tutti possano essere raggiunti da questa offerta, l'offerta della vita nuova, l'offerta della misericordia, l'offerta della vita eterna. Ogni uomo ha bisogno di sapere di essere figlio amato, ha bisogno di sapere che Gesù ha dato la sua vita per lui ma deve essere anche libero di accogliere questo dono meraviglioso e inatteso affinché tutto rimanga in una relazione d'amore vero, autentico, libero.
Compito delicato e importantissimo quello che ricevono i suoi discepoli: devono essere testimoni di Gesù, dimostrare con la loro vita che davvero viene a cambiare la vita di ciascuno, viene a donare salvezza. Non sono soli, Gesù dona lo Spirito Santo che non solo suggerisce cosa dire e come dirlo ma che conferma con prodigi l'annuncio di salvezza.
I primi discepoli di Gesù sono morti da duemila anni ma prima di morire molti hanno creduto alla loro testimonianza e hanno sperimentato nella loro vita che la salvezza che Gesù ci ha offerto è reale, vera, concreta e questi, a loro volta, lo hanno testimoniato ad altri. Così di generazione in generazione, lungo la storia dell'umanità tanti uomini e donne hanno accolto la salvezza nella loro vita e hanno sperimentato tutto l'amore di Dio e poi ne sono diventati testimoni.
Anche a noi, fratelli e sorelle ci hanno testimoniato la salvezza, ci hanno parlato di Gesù, ci hanno raccontato della misericordia del Padre, di come lo hanno riconosciuto presente nella loro vita, di come hanno riconosciuto le sue opere, di come ne hanno visto le meraviglie.
Ora tocca a noi! Tocca a noi accogliere la vita nuova che Gesù ci offre attraverso tanti nostri fratelli e poi tocca a noi diventare testimoni, annunciare a chi incontriamo sulla nostra strada che Gesù è il Signore, che ci ha rivelato il volto d'amore del Padre, che ci dona lo Spirito, che ci salva dalla morte, dal peccato, dal male.
Non importa se non abbiamo grandi abilità e competenze, non importa se non sappiamo cosa dire, lo Spirito Santo assisterà noi come ha assistito chi è venuto prima di noi, compirà miracoli e prodigi anche attraverso le nostre debolezze e miserie.
Annunciamo la buona notizia, annunciamo a tutti che Dio ama gli uomini!!!

venerdì 9 febbraio 2018

Purificati - Riflessione sul Vangelo di domenica 11 febbraio 2018

Ci sono alcune persone che preferiscono non andare dal medico perché hanno paura di scoprire di avere qualche malattia grave. Quasi preferiscono tenersi il male piuttosto che dover affrontare le cure necessarie. Alla maggior parte di noi questo pensiero sembra strano e forse anche assurdo eppure è un atteggiamento che abbiamo tutti quando invece che di malattie fisiche si tratta di malattie dello spirito.
Nel Vangelo di questa domenica un lebbroso si avvicina a Gesù, si butta in ginocchio e gli dice "Se vuoi puoi guarirmi" Gesù ha compassione di lui, lo tocca e lo guarisce. La lebbra era, e ahimè è ancora, una malattia terribile, che mangia letteralmente la carne, la consuma e la imputridisce, è molto contagiosa per cui chi ne era affetto doveva stare lontano da tutti e si ritrovava solo. La lebbra del Vangelo è però solo immagine di una lebbra ben più grave e pericolosa, una lebbra che non si vede ma che produce effetti anche più gravi, una lebbra che non tocca il corpo ma lo spirito: la lebbra del peccato. Come la lebbra corrode la carne, il peccato corrode lo spirito, lo deturpa, lo rende incapace di continuare a compiere il bene, lo acceca, lo rinchiude in se stesso. Di questa lebbra siamo tutti contagiati, tutti ne soffriamo ma vogliamo esserne purificati? Vogliamo essere liberati da questa lebbra e come il lebbroso del Vangelo lo chiediamo al Signore Gesù?
Purtroppo tutti, nessuno escluso, siamo ben poco convinti di aver bisogno di essere purificati da Gesù perché, a conti fatti, il peccato ci fa comodo. Quando ci troviamo in una situazione scomoda, per esempio, la menzogna è sempre una pratica via d'uscita, quando ci troviamo a discutere e ad avere opinioni diverse da chi abbiamo davanti la violenza verbale, e a volte anche fisica, è uno strumento efficace per imporre il nostro pensiero, quando non riusciamo ad ottenere quello che vogliamo l'inganno è utile per volgere le cose a nostro vantaggio... e potremmo andare avanti con migliaia di esempi.
Questo perché non ci rendiamo conto di quanto il peccato ci faccia male. In un mondo di lebbrosi la lebbra ci sembra la condizione normale. Invece Gesù vuole purificarci, vuole liberarci da questa malattia terribile dello spirito che ci fa soffrire molto più di quanto non ci accorgiamo, si è fatto uomo per questo!
C'è però anche un altro motivo di reticenza, il nostro peccato ci fa vergognare, non ci piace l'idea di mostrare al Signore Gesù le nostre debolezze, le nostre miserie, le nostre infedeltà. Non vogliamo lasciar entrare il Signore in tutto ciò che di noi non ci piace, vorremmo tenerlo lontano, non farlo avvicinare.
Gesù però non si fa problemi a toccare le nostre piaghe, a toccare le nostre miserie e le nostre brutture, ha compassione di noi, capisce cioè il nostro dolore, la nostra sofferenza, anzi, la conosce anche meglio di noi. Vuole guarirci e purificarci, vuole donarci una vita libera, libera dalle menzogne e dagli egoismi, dalle invidie e dagli inganni, una vita che non soffra più per la solitudine in cui il peccato ci confina, che non prova più dolore e vergogna.
Impariamo dal lebbroso del Vangelo a dire al Signore "se vuoi puoi purificarmi", lasciamoci purificare dal Signore. Ci ha donato un Sacramento per questo: la Riconciliazione! È lì che il Signore viene a toccare il nostro cuore, a purificarlo, a risanarlo dalla lebbra del peccato. Ricorriamo alla Riconciliazione con frequenza, con fiducia, lasciandoci toccare dalla misericordia di Dio proprio lì dove siamo feriti e malati, permettiamo a Dio di compiere anche in noi questo miracolo e anche la nostra vita potrà cambiare, potrà diventare piena e autentica, libera e gioiosa.

sabato 27 gennaio 2018

Attenti alle fake news! - Riflessione sul Vangelo di domenica 28 gennaio 2018

In questi ultimi tempi è stato dato tanto risalto al fenomeno delle fake news, notizie false (che poi perché non possiamo chiamarle con il termine italiano non l'ho ancora capito), che dilagano soprattutto nei social media. Da come ne parlano sembrano un'invenzione degli ultimi mesi e invece le notizie false sono vecchie quanto il mondo, letteralmente vecchie quanto il mondo. Il primo autore di fake news, infatti, è il demonio che manipola la verità, che la distorce quel che basta per lasciare una parvenza di autenticità, giusto perché sia ancora credibile. Le fake news, infatti, non sono improponibili, non sono completamente prive di ragionevolezza: che gli asini volino non è una fake news è una sciocchezza. Si tratta, invece, di notizie che sembrano verosimili, eventi che hanno quel giusto mix di inaudito e verosimiglianza che le rendono credibili e che suscita malcontento, indignazione, pregiudizio. Le fake news hanno infatti l'unico scopo di alterare la nostra percezione della realtà e della verità per pilotare le nostre opinioni in una determinata direzione.
Come dicevo non è un fenomeno attuale, il demonio va avanti a fake news da quando c'è l'umanità.
Nel Vangelo di questa domenica Gesù si trova ad insegnare nella sinagoga di Cafarnao e il suo insegnamento è così autorevole e vero che tutti se ne accorgono e uno spirito impuro che tiene soggiogato uno dei presenti non resiste e inizia a gridare "...sei venuto a rovinarci!"
È vero, l'insegnamento di Gesù rovina le menzogne del demonio, le fa apparire in tutta la loro falsità, per quanto sottili e ben architettate siano.
Non ci piace sentir parlare del demonio, ci fa paura perché pensiamo alle scene di alcuni film che ci hanno fatto vedere persone possedute.
Del demonio non dobbiamo aver paura, almeno finché rimaniamo con il Signore Gesù, finché stiamo con lui il demonio non ci può nuocere, è come un cane alla catena.
Dobbiamo però imparare a capire come opera e agisce nella nostra vita per saperlo riconoscere e non dargli attenzione.
Anche noi, ogni giorno, siamo vittime delle sue fake news. Ogni tentazione, potremmo dire, inizia proprio con una fake news, ci mostra la realtà da un'angolazione distorta. Per esempio un amico che ci saluta frettolosamente, forse perché ha qualcosa di importante da fare, ce lo fa apparire superbo e altezzoso, la distrazione di una persona cara ce la fa sembrare un tradimento... Non c'è bisogno di tanti esempi, ognuno di noi ne ha sicuramente moltissimi. Le fake news del demonio non riguardano però solo il nostro rapporto con gli altri ma anche quello con noi stessi. Quando sbagliamo qualcosa ci fa credere che siamo dei buoni a nulla, se qualcuno ci tratta male ci insinua nella mente che nessuno ci ama, ci fa credere che non possiamo fare a meno di una determinata cosa, di una specifica promozione... anche qui gli esempi sarebbero innumerevoli.
Interviene anche nella nostra relazione con Dio. Ci porta a pensare che Dio sia cattivo, severo, ingiusto, che non ci ami, che voglia imprigionarci, che ci voglia suoi schiavi, che voglia ingannarci.
Purtroppo avendo migliaia di anni di esperienza è molto bravo a costruire fake news e noi molto spesso ci cadiamo come allocchi.
Impariamo allora a combattere queste fake news e l'unico modo per farlo è con la verità, con la Parola di Dio, l'unica che ha autorità vera. Mettiamoci in ascolto della Parola di Dio ogni giorno, sediamoci ai piedi di Gesù e lasciamoci istruire, lasciamoci guidare, lasciamoci illuminare. Gesù viene a dirci la verità, a portare verità nella nostra vita, a illuminare quelle zone buie che le menzogne del demonio vogliono nascondere. Se ci lasciamo illuminare dal Signore vedremo la nostra vita per quello che è: un dono prezioso di Dio, un suo disegno d'amore, una sua opera d'arte.

sabato 20 gennaio 2018

Geografia spirituale - Riflessione sul Vangelo di domenica 21 gennaio 2018

C'era una volta, in un regno lontano lontano... le favole che ci raccontavano da bambini iniziavano così, erano ambientate in questo fantomatico regno lontano nel tempo e nello spazio così che potesse fungere da luogo di rifugio dalle insoddisfazioni della vita quotidiana, dalle delusioni e dai dispiaceri che tutti, già da bambini, abbiamo sperimentato.
Anche Gesù ci parla di un Regno che però non è lontano lontano e di tanto tempo fa ma è vicino, è il Regno di Dio. Ne parla spesso eppure ci resta difficile capirlo, individuarlo, riconoscerlo.
Come a scuola, allora, facciamo un po' di geografia questa volta, però, spirituale.
Il Regno di Dio non è lontano ma vicino, è sempre vicino a noi, in qualunque parte del mondo ci troviamo perché non ha confini, non ci sono luoghi dove possiamo essere lontani perché i confini del Regno di Dio sono i confini del suo cuore: tutto ciò che è nel cuore di Dio è nel suo Regno.
La lingua che si parla è la lingua dell'amore donato, del prendersi cura dei più deboli, di chi ha un qualunque bisogno, una lingua universale, che tutti capiscono e che tutti possono parlare.
La forma di governo è, ovviamente, la monarchia, una monarchia un po' particolare: c'è un Re, che è Dio stesso, ma anche tutti i cittadini di questo Regno sono essi stessi chiamati a regnare insieme con lui. Nel nostro mondo sarebbe impossibile, non ci mettiamo d'accordo quando siamo in due, figuriamoci quando siamo tantissimi! Nel Regno di Dio, però, regnare non significa comandare sugli altri ma servirli, quindi tutti possono regnare nella misura in cui si mettono a servizio gli uni degli altri.
Si diventa cittadini di questo Regno attraverso due atti: convertendosi e credendo al Vangelo.
Credere al Vangelo, cioè alla buona notizia che Dio ama gli uomini, che se ne prende cura, che li guarisce e li salva, significa iniziare a fidarsi di Dio, significa aver compreso che vuole solo il nostro bene e quindi possiamo fidarci di lui, della sua volontà, del suo progetto di salvezza. Questo ci porta a cercarlo, ad ascoltarlo, a desiderare di stare con lui.
Convertirsi significa fare quello che hanno fatto gli apostoli: quando si sono sentiti chiamati dal Signore hanno lasciato tutto e lo hanno seguito. Convertirsi significa lasciare tutto, lasciare le nostre convinzioni, le nostre sicurezze, le nostre abitudini, le nostre comodità per lasciare che il Signore ci renda pienamente noi stessi. Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, erano pescatori e Gesù non chiede loro di essere altro ma di esserlo in un modo nuovo, diverso, di essere pescatori del Regno di Dio, interessati, cioè, alla salvezza degli uomini.
Il Signore invita anche noi ad entrare nel suo Regno, a diventarne cittadini, a convertirci per essere veramente noi stessi, a scoprire il vero scopo della nostra vita: la salvezza dei fratelli.

venerdì 5 gennaio 2018

Scienza illuminata - Riflessione sul Vangelo dell'Epifania 2018

Ci sono alcune pagine del Vangelo che tendiamo a prendere poco sul serio, a pensare che siano un po' tanto romanzate, che raccontino una bella favola ma con poca attinenza alla realtà dei fatti. Le pagine che raccontano l'infanzia di Gesù sono sicuramente tra queste, il racconto dei Magi che arrivano da terre lontane seguendo una stella ci sa proprio di bella favola. Ci fa anche piacere ascoltarla perché ci fa tornare un po' bambini ma ci rimane sempre un po' il sospetto che sia, appunto, una favola.
E chi l'ha detto? Perché non potrebbe essere andata proprio così? Perché ci sembra tanto strano che dei sapienti abbiamo affrontato un viaggio lungo e faticoso per incontrare il Signore Gesù?
Beh, finché si tratta di pastori ci possiamo anche stare, sono persone semplici, senza istruzione, un po' creduloni ma i Magi, i grandi scienziati dell'epoca... no, non è possibile! O se proprio fu possibile allora oggi non lo sarebbe senz'altro.
Ci sembra assurdo che dei sapienti siano andanti ad adorare il Signore Gesù perché siamo ancora convinti che un uomo di scienza non possa essere anche credente, che scienza e fede sono in contrapposizione.
Forse sarebbe tempo di aggiornarci, di aprire gli occhi, di iniziare ad usare un po' di senso critico e non prendere per buono tutto quello che sedicenti mezzi di informazione ci propinano per vero.
Che la fede possa essere in opposizione alla scienza è semplicemente una enorme sciocchezza.
Al contrario, la scienza apre alla fede e la fede illumina la scienza. Che si tratti della scienza dell'infinitamente grande, l'astronomia, o dell'infinitamente piccolo la fisica delle particelle, che sia la scienza della vita, la biologia, o qualunque altra branca dello studio scientifico, tutte mettono in luce ciò che già esiste e, ciascuna nel proprio campo, evidenziano una precisione, una organizzazione, un ordine, un'armonia che definire frutto del caso sarebbe semplicemente ridicolo. Ogni branca della scienza ci permette di scoprire quanta fantasia, quanta precisione, quanta attenzione abbia avuto Dio nel creare noi e tutto ciò che ci circonda.
Perché allora ci dicono che scienza e fede sono inconciliabili?
Perché anche oggi ci sono degli Erode che hanno paura del Signore Gesù, della sua verità.
Se uno scienziato è anche credente, vede in ciò che studia la firma di Dio, non sarà meno preciso, meno brillante, meno obbiettivo, anzi probabilmente si appassionerà ancora di più al suo studio.
La relazione con il Signore Gesù però appare pericolosa per quanti delle scoperte scientifiche vogliono fare quello che vogliono, vogliono sfruttarle per i propri interessi. La fede ci fa comprendere che il mondo che ci circonda non è un giocattolo con cui possiamo fare quello che vogliamo, ci dice che le nostre scelte e le nostre azioni hanno conseguenze sulla vita altrui.
La fede non è un problema per il fisico che studia la fusione nucleare ma lo diventa per chi vuole utilizzare la fusione nucleare per progettare la bomba atomica, per esempio.
Non dobbiamo, allora, aver paura di imitare i Magi, i sapienti dell'antichità che hanno saputo inchinarsi davanti al Signore, andiamo anche noi davanti a Gesù, con tutte le nostre conoscenze, con le nostre scoperte, con le nostre conquiste scientifiche e lasciamo che le illumini con la luce del suo amore, che ci faccia comprendere come tutto quello che i nostri studi scientifici hanno scoperto fino ad ora è un suo dono d'amore per noi. Non lasciamoci convincere dai moderni Erode, da quanti vogliono piegare il creato al proprio interesse, al proprio egoismo, alla propria sete di potere e denaro. Facciamo come i Magi, giriamo alla larga. Lasciamoci invece colmare di gioia nello scoprire ogni giorno quanto Dio ci ama.

sabato 30 dicembre 2017

Famiglia normale - Riflessione sul Vangelo di domenica 31 dicembre 2017

Con l'idea di suscitarci rispetto e attenzione, tutto ciò che appartiene a Dio ci è sempre stato presentato circonfuso di un alone di sacralità, di straordinarietà, di eccezionalità. Il risultato, però, è stata un'idea di lontananza, di completamente altro da noi, così lontano da essere inarrivabile. Anche la sacra Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe ce li hanno talmente idealizzati che li abbiamo messi nel presepe, e da lì li guardiamo, belli, pii, devoti... ma poi la nostra vita è tutt'altra cosa!
Povero Gesù! E dire che ce l'ha messa tutta per essere normale, per avere una famiglia normale, per mettersi al nostro livello, per entrare nella nostra quotidianità, non come un supereroe o come un modello inarrivabile ma come uno di noi, in nulla diverso da noi.
Dovremmo, allora, cambiare la nostra prospettiva, smettiamola di guardare il presepe da fuori, entriamoci dentro, smettiamo di ascoltare il Vangelo come una bella favola di Natale iniziamo a viverlo come qualcosa che ci appartiene e a cui apparteniamo.
La Santa Famiglia che oggi la Chiesa ci fa contemplare non è eccezionale, è normale, è una famiglia come le altre. Certo, Gesù è il Figlio di Dio, Maria è l'Immacolata e Giuseppe è uomo giusto e pio, ma la vita che hanno scelto di vivere è stata una vita normalissima affinché anche noi, che non siamo immacolati né giusti e pii, possiamo imparare da loro.
La cosa più importante che dobbiamo imparare è a mettere Dio al centro delle nostre famiglie, a lasciarci guidare da lui, ad ascoltare la sua Parola affinché sia questa, e non i nostri capricci, a guidare le nostre scelte. La Santa Famiglia è una famiglia normale in cui tutti sono in ascolto della Parola del Signore, desiderano compiere la sua volontà e si prendono cura gli uni degli altri.
Tutti dicono che oggi la famiglia è in crisi: verissimo! E il primo motivo della crisi è che non si mette più Dio al centro della famiglia, che si sta insieme e si vive insieme finché ci va, quando non ci va più ci si lascia perché non è più importante il bene della famiglia ma la soddisfazione del singolo. Non si dialoga, non ci si ascolta ma soprattutto non si è disposti a fare sacrifici, a offrire, cioè, il proprio tempo, le proprie fatiche, le proprie aspirazioni come atto d'amore. La famiglia non è un diritto, è una chiamata, è una responsabilità, è un dono d'amore, dono non serbatoio a cui attingere per soddisfare le proprie carenze affettive.
In questa società che va perdendo ogni giorno di più la consapevolezza di cosa sia una famiglia vera e normale noi cristiani, che abbiamo nella Santa Famiglia il modello di com'è una famiglia normale, dobbiamo diventarne testimoni non a parole ma con i fatti, non facendo proclami o conferenze ma impegnandoci a vivere relazioni famigliari autentiche, vere, normali. Dobbiamo mostrare al mondo cosa significhi una famiglia normale, dobbiamo rimetter al centro Dio, dobbiamo metterci in ascolto della sua Parola, ritornare a pregare insieme, ad insegnare ai figli a pregare insieme, ad ascoltare il Vangelo ogni giorno. Dobbiamo iniziare a dimostrare con la vita che il dialogo, l'ascolto, l'accoglienza reciproca e a volte anche il sacrificio sono necessari affinché tutti i membri della famiglia possano essere felici, possano star bene perché la felicità e il benessere del singolo passa necessariamente dal benessere e dalla felicità di tutti.
Impariamo dalla Santa Famiglia cosa sia normalità, non dagli opinionisti che impazzano sul web o in tv, torniamo a fidarci di Dio e la lasciarci guidare da lui e non solo la nostra famiglia ne guadagnerà in serenità, in pace e in felicità ma lo farà tutta la nostra società.

sabato 16 dicembre 2017

Testimoni di luce - Riflessione sul Vangelo di domenica 17 dicembre 2017

A circa metà dell'Avvento, alla terza domenica, la Chiesa ci invita a gioire con la domenica Gaudete.
Siamo invitati a gioire non solo perché ormai mancano pochi giorni a Natale ma perché il Signore viene nella nostra vita! Perché ci ama e ci porta gioia vera!!!
Se ci guardiamo intorno i modelli di gioia che ci vengono proposti sono quelli del successo, della fama, della popolarità. Ci dicono che per essere felici nella vita dobbiamo diventare popolari, dobbiamo conquistare posizioni importanti, dobbiamo poterci permettere quello che vogliamo.
Non so se gli attori, i magnati della finanza, i calciatori, le top model sappiano cosa sia la gioia vera, glielo auguro, so, però, che cosa può portarci quella gioia vera.
È san Giovanni Battista, nel Vangelo di questa domenica, a mostrarcelo. I Giudei lo interrogano, gli offrono anche la possibilità di vantare per se un titolo prestigiosissimo in Israele quello di Messia! e quando nega di esserlo gli chiedono se sia profeta! E non un profeta qualunque ma niente meno che Elia, il profeta che verrà a preparare la via al Messia.
Giovanni avrebbe avuto ogni diritto ad affermare di essere quel profeta, avrebbe guadagnato fama e popolarità invece di se dice "io sono voce..." Nemmeno un personaggio, solo voce.
Giovanni sembra quasi voler sparire, voler essere solo un annuncio che dà una testimonianza, che indirizza verso qualcun altro ben più importante di lui, l'unica vera personalità: il Signore Gesù.
Giovanni non disprezza popolarità e fama, semplicemente non gli interessano, ha nel cuore qualcosa di molto più grande e importante, ha nel cuore la luce di Dio e ha compreso che la sua vita non sarà completa, non sarà veramente felice se non sarà interamente spesa per darle testimonianza, per condurre gli uomini a quella luce.
Dare testimonianza alla luce di Dio, annunciare l'amore del Signore, condurre i fratelli all'incontro con Gesù non è stato il compito solo di Giovanni Battista, è il compito di ciascuno di noi, di ogni cristiano. E come per Giovanni non ci sarebbe stata gioia vera se non avesse dato la sua testimonianza, così anche noi non sapremo cosa sia la gioia vera finché non inizieremo a raccontare agli altri l'amore del Signore.
È ancora largamente diffusa l'idea che l'annuncio del Vangelo, dell'amore del Signore Gesù, sia compito di preti e suore, invece la Chiesa ci sta dicendo da duemila anni che è compito di ogni cristiano. In particolare dal Concilio Vaticano II e con i magisteri degli ultimi Papi, Papa Francesco soprattutto, tutti i cristiani sono invitati a riscoprire la gioia che dà annunciare agli altri che Dio ama ogni uomo. Non dobbiamo fare chissà che, basta che ci lasciamo colmare della sua luce e diventeremo luminosi anche per gli altri.
Forse dobbiamo chiederci se abbiamo accolto in noi la sua luce, se ci siamo lasciati contagiare dalla sua gioia. Forse il nostro andare a Messa la domenica, le preghiere recitate ogni giorno, sono più atti di abitudine che atti d'amore.
Disponiamoci ora ad accogliere il Signore che viene nella nostra vita. In questa settimana di Avvento che ancora ci separa dal Natale chiediamo con fiducia al Signore di venire nel nostro cuore, di colmarlo della sua luce, di inondarlo della sua gioia. Non aspetta altro! Attende solo che glielo chiediamo con sincerità, senza mezze misure, senza la paura che ciò che vuole compiere con noi possa infastidirci. Tanti uomini e donne nella storia hanno scelto di essere testimoni della luce e nessuno di loro se ne è mai pentito, nessuno di loro è mai tornato indietro perché la gioia del Signore sorpassa ogni nostra immaginazione.